Rispetto del proprio corpo
Eppure tanti podisti amatori si comportano allo stesso modo per quanto riguarda lo stato di efficienza e salute del loro corpo. Ne conosco a decine. Questo loro atteggiamento di irrazionalità mi disorienta, perché non solo porta a una sofferenza dei tessuti – che, sottoposti a sempre maggior carico, sviluppano alterazioni croniche tanto più invalidanti quanto meno i tessuti stessi sono elastici e reattivi (lo stato di invecchiamento biologico inizia già verso i 40 anni) –, ma allunga inesorabilmente i tempi di guarigione.
Mi chiedo spesso come devo agire nei confronti di questi corridori irrazionali ma, davanti alla loro mancanza di rispetto del proprio corpo, inevitabilmente la mia mente si allontana dalla loro patologia. Molto diverso è invece il mio atteggiamento nei confronti dei podisti giovani. Nel loro caso presto il massimo dell’attenzione, perché voglio che siano sempre fisicamente integri, perché godano del piacere di correre e allenarsi, perché gli sforzi sostenuti per la loro preparazione siano ripagati e perché ciò che conta è il loro futuro (atletico). Al primo segno di alterazione strutturale mi metto subito in allarme, agendo per ridurre lo stato di sofferenza.
Ascoltare il corpo e andare all’origine
Per me però non è sufficiente solo togliere il fastidio, è essenziale identificarne l’origine, per agire sulla causa ed evitare che si ripresenti. La soluzione passa quasi sempre dal rafforzamento dei sistemi strutturali che controllano specifici movimenti e sollecitazioni. E, per fortuna, non è quasi mai solo farmaceutica.
Come dicevo sopra, l’attenzione ai segnali di uno stato di sofferenza è determinante nella risoluzione del problema e, da parte dei ragazzi, è molto più elevata, perché hanno piena fiducia nell’azione proposta. Con gli amatori più adulti è invece molto difficile far sì che prendano in considerazione seriamente il problema: la ricerca di una soluzione concreta viene quasi sempre rimandata, affidando al tempo o al destino l’esito della guarigione. Mi sembra che gli questi podisti siano essenzialmente dediti alla sofferenza del proprio corpo, finendo poi per fare la felicità degli ortopedici.
Leggi anche: La mente corre con noi