Vent’anni fa: Stefano Baldini oro in maratona

Era domenica pomeriggio 29 agosto 2004 quando, per la seconda volta, un italiano vinse l’oro in maratona. Accadde ad Atene, nello stadio in cui i Giochi olimpici moderni avevano avuto inizio. Il suo nome: Stefano Baldini.

«La maratona, una delle gare simbolo dei Giochi olimpici, è italiana: va a Stefano Baldini. Bravo, bravo, bravo!»

Ce lo ricordiamo tutti il triplo “bravo” con cui Franco Bragagna sottolineò a squarciagola l’impresa di Stefano Baldini. La voce Rai dell’atletica andò a collegarsi con un altro “triplete lessicale” di un suo predecessore: il “Cova, Cova, Cova” urlato dall’altrimenti impassibile Paolo Rosi durante l’epoca d’oro del grande distance runner brianzolo, che nei 10.000 metri divenne campione europeo (1982), Mondiale (1983) e infine olimpico ai Giochi di Los Angeles 1984.

“Tu dov’eri?”

Gli anniversari “tondi” dei successi del distance running italiano hanno trovato posto su Correre di agosto, nelle pagine della guida ai Giochi olimpici di Parigi 2024: i quarant’anni dagli ori di Alberto Cova nei 10.000 metri (6 agosto) e Gabriella Dorio sugli 800 metri (11 agosto) a Los Angeles 1984 e infine i vent’anni della medaglia d’oro di Stefano Baldini in maratona ad Atene 2004

“Alcuni eventi hanno questo potere: se chiedi alle persone dov’erano quanto quel fatto accadeva, tutte o quasi tutte se lo ricordano – osserva Daniele Menarini su Correre di agosto ricordando la vittoria di Baldini in quella domenica pomeriggio del 29 agosto 2004 -. Purtroppo il più delle volte si tratta di episodi drammatici: chi non ricorda dov’era l’11 settembre 2001, in quell’inizio di pomeriggio italiano in cui tutte le TV puntarono su Manhattan?  

Per fortuna la memoria conserva anche momenti felici. In questi vent’anni, in molti hanno raccontato a Correre dov’erano in quel pomeriggio di domenica 29 agosto 2004. A vincere nel sondaggio “E tu dov’eri?” è il divano. Numerosi, però, sono anche quelli che hanno precisato come, all’arrivo trionfale di quel ragazzo di Rubiera, dal divano si sono alzati per non sedersi più, cominciando a correre.

È mai stata fatta una stima dell’effetto Baldini sul running italiano?”

Una rinascita lunga quattro anni

No, non era stato facile per Baldini: ritrovarsi a piedi a Sydney 2000 quando la condizione era già molto buona, rinascere l’anno dopo alla maratona di Torino mettendo la freccia per cambiare passo e restituirci sul traguardo ritrovato un Baldini con voglia di futuro, che di lì a pochi mesi, ai Mondiali di Edmonton, avrebbe conquistato il primo dei due bronzi mondiali in maratona. Ci riuscirà di nuovo a Paris St.Denis, nel 2003, con in mezzo quella scelta degli Europei di Monaco 2002 di optare per i 10.000 metri, in cui giunse quarto, quando l’unico ostacolo sulla strada di una doppietta sui 42,195 km (che sarebbe diventata tripletta con la vittoria di Goteborg 2006) era il non inarrivabile svizzero Rothlin. Di solito taciturno, Baldini trasformò il nostro stupore in provocazione mediatica: «Tanto quello che faccio non vi interessa un granché, la nostra atletica finisce al massimo in una breve di cronaca.» 

La “macchina da guerra” Stefano Baldini

Atene 2024 è stato raccontato bene dal suo allenatore, Luciano Gigliotti, nell’intervista pubblicata nel numero di Correre di luglio e nella collegata video intervista curata da Francesca Grana: «Io dico sempre che se quel giorno, anziché andare ad Atene – beninteso: meno male che ci siamo andati, ad Atene -, fossimo andati a Berlino, Stefano avrebbe abbassato il primato mondiale, che allora era di Paul Tergat. Lo dico, perché nell’ultima prova al campo di riscaldamento del villaggio olimpico di Atene, dopo l’ultimo 2.000 metri a 2’45”/km, Pierluigi Fiorella (medico Fidal e personale di Baldini, ndr) alla fine mi mostra l’esito del prelievo del lattato dal quale emerge che Stefano non ha raggiunto le quattro millimoli, ma si ferma a 3.8: non siamo riusciti, cioè, a fargli superare quella soglia lì, per uno sforzo al termine del quale, in tutti gli altri periodi, Baldini raggiungeva anche sei-sette millimoli di lattato.

Questo lo preciso anche per far capire il perché di quella mia rispostaccia, diventata famosa, a Gianni Demadonna, nostro manager, quando alla vigilia della maratona olimpica mi chiese: “Firmeresti per un bronzo?” e mi sentì rispondere: “Stai scherzando? Noi siamo qui per vincere e ce la giochiamo”.

Di fronte a un Tergat o un Gharib, noi cos’avevamo da opporre? Diciamo che eravamo un po’ più “scienziati della maratona”, dove con “noi” intendo in primo luogo Stefano stesso e poi con me Pierluigi Fiorella, il fisioterapista Daniele Parazza, e quelli che hanno lavorato con noi a costruire quella “macchina da guerra” che era diventato Baldini in maratona. Uso la parola “scienziati” perché “scientifico” era stato il nostro approccio: prima di quel 29 agosto, la maratona dei Giochi olimpici di Atene noi l’avevamo già corsa più volte, a pezzi. Sapevamo già, quindi, che per tutta la prima parte, quel percorso, in sostanza, era un unico “collinare”, un susseguirsi di salite dalla partenza da Maratona in poi per tutti i primi 30 km, e in salita bisogna correre in un certo modo.» 

«L’altro aspetto è quello di saper gestire il ritmo lento: anche Tergat, come Stefano, correva a 3’10”-3’15” al chilometro in quella parte in salita, ma consumava come se stesse correndo a 2’55”/km: bello, indubbiamente bello a vedersi con quella corsa ampia e alta, boom.. boom… boom…, e noi invece tip-tip-tip-tip, tutta frequenza, tip-tip-tip-tip, tutta economia, tutto a spendere poco.»

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Vent’anni fa: Stefano Baldini”, di Daniele Menarini, pubblicato su Correre n. 478, agosto 2024 (in edicola dall’inizio del mese di agosto), alle pagine 24-25.

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