Gli allenamenti non convenzionali

Per un allenatore va tutto bene fino a quando si ha a che fare con runner determinati, con atteggiamento e vita da semi-professionista e un approccio all’allenamento “tabella-dipendente”.

Il lavoro invece si complica quando si ha a che fare con l’appassionato che non è in grado di sostenere una preparazione tradizionale, perché incontra difficoltà di tipo fisico o mentale, oltre che di tempo.

L’esperienza di una vita ad allenare ha insegnato a Orlando Pizzolato quanto diversi siano tra loro i runner. “Ci sono quelli “molto determinati negli allenamenti che, con un atteggiamento da semi professionista, sono quasi “tabella dipendenti”: ciò che è programmato nella tabella va eseguito senza remore”; dall’altro lato ci sono invece tutti coloro che non sono in grado di sostenere completamente questo impegno di allenamento: “Capita frequentemente, per esempio, che l’amatore affronti la maratona con poche sedute di lunghissimo, con un ciclo di allenamento bel lontano da quanto vorrebbero le regole della metodologia – precisa Pizzolato -. In queste circostanze si procede a pianificare una tabella di emergenza, con inseriti quegli stimoli che siano l’essenziale per rimediare un minimo adattamento tecnico e fisiologico in funzione della gara in programma a breve”.

Questo, in sostanza, è l’argomento che Orlando Pizzolato affronta nel suo contributo su Correre di settembre, riassunto nel titolo e nel concetto degli “Allenamenti non convenzionali”.

Gestire le difficoltà

Quattro sono le situazioni di difficoltà che Orlando si trova più frequentemente ad affrontare con gli amatori che non sono in grado di seguire un programma-standard, “situazioni – precisa Pizzolato – che non rientrano nelle regole di allenamento che si è soliti seguire per determinare adattamenti fisici e fisiologici. Si entra quindi nel campo degli allenamenti “non convenzionali”. Per esempio:

1. non ha senso proporre una seduta di lunghissimo in funzione della preparazione della maratona se al podista non piace correre a lungo;

2. non funziona, cioè, proporre 30 km a un podista che, sempre in preparazione a una maratona, già dopo 15 km scada molto di efficienza meccanica;

3. non funziona proporre allenamenti di forza in palestra e sedute di salite quando il podista può dedicare solo poche decine di minuti al potenziamento muscolare e non può svolgere più di tre sedute di allenamento la settimana;

4. più in generale, l’esperienza con gli amatori mi ha insegnato che sono tanti quelli che non “reggono” un programma convenzionale di allenamento: nel dover correre o un “medio” nella preparazione di una mezza maratona o il lunghissimo in quella per i 42,195 km, la loro volontà si infrange spesso contro un vero e proprio blocco psico-fisico.”

“La soluzione a questo tipo di problematiche tecniche (illustrata in dettaglio nell’articolo su Correre di settembre, ndr) non si trova sui libri, né sul WEB: è l’esperienza che indica le scelte da fare, sperando ovviamente che siano funzionali al soggetto. Con un po’ di fantasia si possono utilizzare sedute alternative molto efficaci, stimolanti e anche divertenti.

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Gli allenamenti non convenzionali”, di Orlando Pizzolato, pubblicato su Correre n. 479, settembre 2024 (in edicola da inizio mese), alle pagine 38-40.

Articoli correlati

Scopri perché l’allenamento fondo lento è fondamentale per migliorare la tua performance, i suoi benefici fisiologici e come eseguirlo al ...

Una vera e propria pausa invernale ormai non c’è più nemmeno nel trail running. In molti appassionati di corsa in ...

Tempo di dedicarci alla costruzione della piattaforma organico-muscolare indispensabile per affrontare al meglio l’attività agonistica primaverile. Tempo di quantità. Tempo ...

«Come allenatore, quando oriento lo stimolo allenante sul versante della “tenuta” del ritmo alla distanza piuttosto che sulla velocità delle ...