Quarant’anni fa: Alberto Cova campione olimpico dei 10.000 metri

Quarant’anni fa: Alberto Cova campione olimpico dei 10.000 metri

06 Agosto, 2024
Foto: Imago

Era lunedì 6 agosto 1984: ai Giochi olimpici di Los Angeles Alberto Cova vince i 10.000 metri. A quarant’anni esatti di distanza da quell’impresa, il campione racconterà quella giornata su CorrereTV (ore 14:00). 

Quarant’anni fa, oggi. Era anche allora un 6 di agosto, ma di lunedì, quando ai Giochi olimpici di Los Angeles 1984 Alberto Cova completò il fantastico “triplete” dei 10.000 metri: campione europeo ad Atene 1982, campione mondiale a Helsinki 1983, campione olimpico a Los Angeles 1984 battendo con un’indimenticabile volata il finlandese Martti Olavi Vainio (poi squalificato per doping, ndr).

Alberto Cova oggi su CorrereTV

In occasione di questo quarantesimo anniversario, oggi, 6 agosto, Alberto Cova ha accettato l’invito a essere ospite di CorrereTV, nella striscia quotidiana “Speciale Olimpiadi” (ore 14:00) dedicata al commento delle gare di Parigi e curata da Daniele Menarini ed Emilio Mori.

Il ricordo di Cova su Correre

Nella guida ai Giochi olimpici di Parigi pubblicata su Correre di agosto, trova spazio l’intervista ad Alberto Cova e il suo allenatore Giorgio Rondelli, che rivivono per noi il ricordo di quella finale.

«Con il senno di poi – ricorda Cova su Correre – è facile dire che si sono rispettati i pronostici e che dopo l’oro europeo ad Atene 1982, quello mondiale a Helsinki 1983, era possibile che si arrivasse all’oro olimpico, ma in quel pomeriggio mi sembrava che tutto fosse da fare e in qualche modo era così.»

La gara

«Tutto è cominciato a metà gara: siamo passati in 14’11” ai primi 5.000 metri. A quel punto il finlandese Vainio si è messo a tirare.»  E qui interviene Giorgio Rondelli a precisare: «Bisogna pensare che dopo un passaggio a metà gara prudente, il finlandese coprì il 3.000 dal sesto all’ottavo chilometro in 8’03”. A conti fatti, Alberto corse il secondo 5.000 metri in 13’26”8. Ancora oggi mi scaldo un po’ quando sento qualcuno dire: “Eh, ma è stata una gara lenta”.»

L’autogol di Antibo

«Così lenta che Ferdinando Mamede, portoghese allora primatista del mondo, si ritira. Mamede comunque non sarebbe stato un problema – ammette Alberto – e alla fine dei conti, forse, nemmeno Vainio. La diciamo una volta per tutte fuori dai denti? Il più forte di quella finale era Salvatore Antibo, l’unico che avrebbe potuto battermi, ma Totò, al di là delle scarpe nuove indossate su richiesta economica di uno sponsor, che lo avevano fatto soffrire già in batteria, in quella finale fece un errore tattico: a metà gara transitò in 14ª posizione e quando partì l’attacco di Vainio era ormai troppo indietro. Quando sei distante venti metri da un battistrada che fa un 3.000 in otto minuti, non ce la fai più a riportarti sotto.»

«Che Totò non fosse più al massimo quel giorno, lo si è visto dal finale – precisa Rondelli: uno con la sua velocità non perde la volata con un McLeod e un Musyoki e un bronzo (che sarebbe poi diventato argento per la squalifica per doping di Vainio, ndr) lo avrebbe portato a casa.»

L’indimenticabile finale

«Vainio a quel punto tentò l’unica cosa che avrebbe potuto fare: scrollarsi Cova di dosso prima dell’ultimo giro – spiega Rondelli -. Non accadde, e così facendo, contribuì a mettere l’avversario nelle migliori condizioni. Alberto aveva questo enorme vantaggio: conosceva bene i tempi della propria dinamica di corsa, sapeva come costruirsi la condizione di gara ed era consapevole che quel 3.000 metri “assassino”, se sopportato, lo avrebbe messo in condizioni di giocare le proprie carte nella fase conclusiva. In pratica si riprodusse la gara dell’anno prima ai Mondiali di Helsinki, che però fu più lenta.»

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