Durante un allenamento, cambiare non solo il ritmo al chilometro, ma anche il fondo su cui si corre aggiunge valore al lavoro. Il consiglio del nostro coach è di utilizzare diverse superfici morbide, con la consapevolezza, però, che la morbidezza aumenta la fatica.
“Le fratture da stress sono in aumento”. Questa è l’affermazione-shock da cui parte l’articolo di Orlando Pizzolato su Correre di ottobre. “Shock” perché la comune convinzione è che le scarpe di ultima generazione, che hanno elevato molto la capacità di ammortizzazione, dovrebbero garantirci un altrettanto elevata protezione.
Orlando, invece, invita a “riflettere sulle statistiche attendibili a nostra disposizione in tema di salute del running. Alcune riflessioni in proposito:
• di questi tempi, nonostante la grande qualità ammortizzante delle scarpe in uso, le patologie da sovraccarico da impatto sono molto aumentate. Tra le più frequenti, e anche debilitanti, ci sono le cosiddette “fratture da stress” e sofferenze della “spongiosi ossea”;
• quando il corridore è in “fase di volo”, a consigliare di evitare le superfici dure non c’è solo la necessità di ridurre gli effetti della forza di gravità che lo attira verso terra, ma anche il minor traumatismo muscolare;
• i muscoli, infatti, sono più stressati quando devono assorbire la forza verticale che si genera nel contatto dei piedi a terra come reazione all’attrazione della forza di gravità;
• si è soliti consigliare ai podisti di non allenarsi sempre sull’asfalto, convinti che per ridurre i traumatismi da impatto sia preferibile, almeno ogni tanto, correre su superfici morbide. Da qui cominciano i problemi …»
Più fatica sulle superfici morbide
Ed è su questo punto, cioè sul correre sulle superfici morbide, che si sofferma Pizzolato, che in sostanza spiega perché correre sul morbido è molto utile, a patto di accettare che è più faticoso, non meno faticoso.
A riprova di questa apparente contraddizione, Pizzolato cita Jerry Schumacher, allenatore americano di tanti medagliati olimpici e mondiali, che “mi riferiva – scrive Orlando su Correre di ottobre – che i suoi atleti devono percorrere il 90% dei chilometri su superfici morbide e mi sottolineava che: «I miei atleti non devono avere mal di gambe per aver corso tanto sull’asfalto, ma per la stanchezza determinata dalla forza necessaria per correre sul morbido»”.
“È risaputo, infatti, che le superfici morbide assorbono l’energia cinetica, quella che si accumula nei tessuti molli (muscoli, tendini, specialmente quello d’Achille, legamenti e ossa; in quest’ultimo caso quelli dei piedi e dell’arco plantare) a seguito dell’impatto a terra. Pertanto, serve più forza per sollevarsi da un terreno morbido: ne occorre tanta di più quanto più evidente è il segno lasciato sul terreno dal piede”. E per disporre di un esempio alla portata di tutti, basta pensare a quando si corre sulla sabbia: l’impronta che il piede lascia è molto profonda, anche parecchi centimetri, e per continuare a correre lo sforzo è molto elevato.
“L’instabilità che caratterizza l’appoggio e tutta l’azione di corsa su una superficie così morbida si ripercuote sulle ginocchia, ma al di là di questo aspetto, la corsa sulla sabbia è una forma di potenziamento molto efficace, specialmente quando dura piuttosto a lungo, perché determina un maggior reclutamento muscolare.”
Gli allenamenti di Hellen Obiri
Da un dialogo avuto quest’estate a St. Moritz con Dathan Ritzenhein (allenatore di un affermato gruppo di mezzofondisti di altissimo valore prestazionale) su di un paio di sedute svolte dalla sua allieva Hellen Obiri, vincitrice di maratone del calibro di Boston e di li a poco bronzo olimpico a Parigi 2024, Pizzolato ha potuto ricavare allenamenti validi anche per gli amatori.
In pratica, “Hellen Obiri svolgeva un allenamento molto articolato sia come ritmi sia come percorsi – racconta Orlando -; i percorsi, in particolare, erano tutti ondulati, ma caratterizzati da diverse superfici.” Gli effetti a cascata di questi allenamenti “a fondo e ritmo variato” sulla crescita della condizione per tutti sono spiegati in modo approfondito su Correre di ottobre.
Nota: questo testo è tratto da “Variazioni di ritmo e di … terreno” di Orlando Pizzolato, pubblicato su Correre n. 480, ottobre 2024 (in edicola da inizio mese), alle pagine 22-26.