Niente sarebbe stato più come prima, almeno nel mondo dello sport.
Cinquant’anni fa lo sport perse la verginità, intesa come la capacità di isolarsi dal mondo.
Dal 12 al 27 ottobre 1968, a Città del Messico, durante i Giochi della 19ª olimpiade, venne scritta
ben più di una pagina di storia, non solo dello sport. Al di là del podio più famoso del secolo (quello del pugno di Tommie Smith e John Carlos), ci furono i saltatori Fosbury e Beamon a imporre punti di non ritorno per le loro specialità. E pochi giorni prima delle gare c’era stata una rivolta studentesca repressa nel sangue di cui si seppe poco o niente e di cui ancora oggi si ignora lo sterminato consistere del numero delle vittime dell’azione di polizia.
Su Correre di ottobre, Augusto Frasca ripropone quei giorni in un racconto straordinario, che restituisce la tensione e lo stordimento dell’ambiente olimpico assediato dalla Storia.
Dei tanti passaggi, resta impresso a chi vi scrive quello sul destino di Peter Norman, il bianco australiano che si classifica secondo nei 200 metri e finisce dentro la fotografia che più di ogni altra immagine racconta quell’epoca.
Peter Norman, il bianco amico dei neri
Frasca, infatti, non dimentica di precisare come la vendetta del Potere sia calata sul destino dei tre velocisti: “Su sollecitazione del comitato olimpico internazionale e decisione dei dirigenti statunitensi, nel giro di ventiquattro ore Smith e Carlos furono espulsi dal villaggio olimpico, pagando, per anni, il loro gesto. Sorte non migliore toccò a Peter Norman. Additato come un diverso per via della solidarietà espressa nei confronti dei “neri”, vittima di una società australiana alimentata dal peggiore dei razzismi, al rientro in patria Norman fu accolto come un reprobo. Quando, quattro anni dopo, in vista dei Giochi di Monaco, i dirigenti del locale comitato olimpico misero mano all’elenco degli atleti da spedire sul continente europeo, pur essendosi ampiamente qualificato nelle due prove di velocità, la medaglia d’argento di Città del Messico fu vergognosamente ignorata. Non diverso trattamento gli fu riservato nel 2000, quando per la seconda volta nella storia sportiva australiana il CIO assegnò all’emisfero australe, dopo l’edizione di Melbourne del 1956, l’organizzazione olimpica: Norman non apparve in alcuna cerimonia. Morì d’infarto, sessantaquattrenne, il 3 ottobre 2006. Tommie Smith e John Carlos attraversarono l’Oceano e volarono a Melbourne, avanti a tutti nella cerimonia funebre nel sostegno della bara del vecchio amico. Sei anni dopo, chiedendo ufficialmente scusa, il Parlamento australiano riabilitò l’atleta, riconoscendo il suo valore atletico e la nobiltà del suo gesto sul podio di Città del Messico. Il tempo di 20”06 centesimi segnato da Peter Norman sulla pista messicana è tuttora primato australiano.”
Nota: Questo testo fa riferimento al servizio “Quei Giochi con tanto da raccontare”, di Augusto Frasca, pubblicato su Correre n. 408, ottobre 2018 (in edicola a inizio ottobre), alle pagine 96-98.