Il diabete del runner

L’attività fisica regolare è il più potente farmaco antidiabete oggi conosciuto. È però anche indispensabile sapere come affrontare nel modo corretto il momento dell’allenamento e della gara, onde evitare pericoli. 

Nel 2016 oltre 3 milioni e 200.000 persone, in Italia, risultavano essere affette da diabete: il 5,3% della popolazione, che diventa un drammatico 16,5% fra le persone di 65 anni e oltre. A questi andrebbero aggiunti quelli che, senza rendersene conto, sono resistenti insulinici gravi alle soglie del diabete, cifra che si stima pari a quella dei pazienti diagnosticati. 

L’attività fisica regolare è il più potente farmaco antidiabete oggi conosciuto. È però anche indispensabile sapere come affrontare nel modo corretto il momento dell’allenamento e della gara, onde evitare pericoli. 

La funzione dell’insulina 

L’attività fisica costante è indispensabile non per il numero di calorie bruciate, ma perché procura un’attivazione metabolica che dura nel tempo e non diminuisce a riposo. La persona dipendente dall’insulina tuttavia (con diabete di tipo sia 1 sia 2) dovrà usare qualche cautela in più durante l’attività sportiva. 

L’insulina ha il compito di agevolare il trasporto dei nutrienti presenti nel sangue verso le cellule che li utilizzeranno. Svuotando il sangue dagli zuccheri, l’insulina svolge un’azione ipoglicemizzante. I suoi effetti però non si limitano a questo, ma si esplicano soprattutto all’interno della cellula periferica (muscolare o adiposa): grazie a recettori specifici presenti sulla membrana condiziona il comportamento della cellula stessa in direzione dell’accumulo di scorte lipidiche e/o di ripristino del glicogeno (lo zucchero di riserva) eventualmente consumato. 

Quel che accade sotto sforzo

Chi è incapace di produrre insulina (il diabetico insulino-dipendente) deve quindi iniettarsene una quantità adeguata, di solito proporzionata alla quota di carboidrati assunta nel pasto. Il rischio che ogni tanto si corre è quello di sbagliare dosaggio: ciò può comportare un calo glicemico grave, con sintomi spiacevoli e rischio anche di coma ipoglicemico. Qualunque fattore che alteri la quantità di zuccheri effettivamente assimilata (ad esempio una diarrea, un blocco digestivo o altro) può in effetti provocare un eccessivo calo di glucosio: questo è anche ciò che succede durante la corsa. 

Il calo glicemico e il picco successivo alla lunga possono generare danni importanti. Occorre dunque comprendere bene le dinamiche del glucosio nel sangue e le diverse risposte ai segnali derivanti dallo stile di vita di ciascuno. Adrenalina e cortisolo sostengono la glicemia anche in condizioni di glucosio basso. Al prolungarsi della fatica però, ancora di più quando lo sforzo sarà appena finito, la presenza in circolo di quantità residue di insulina artificiale può mandare in grave ipoglicemia. È sempre meglio quindi, sotto controllo medico, valutare la possibilità ridurre le dosi sia il giorno della gara sia sotto allenamenti duri.

Nota: Questo testo rappresenta una sintesi del servizio “Il diabete del runner”, di Luca Speciani, pubblicato su Correre n. 420, ottobre 2019 (in edicola a inizio mese), alle pagine 70-71.

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