Courtney Dauwalter, dall’UTMB alla storia

Courtney Dauwalter, dall’UTMB alla storia

06 Settembre, 2023
Photo: press office UTMB

All’Utmb 2023 la statunitense Courtney Dauwalter si consacra regina del mondo trail coronando una stagione che l’ha vista dominare anche la Hardrock 100 Endurance Run e la Western States Endurance Run

Dopo 23:29’14” di fatica sabato 2 settembre l’americana Courtney Dauwalter ha conquistato il suo terzo titolo all’UTMB, realizzando insieme al vincitore della gara maschile Jim Walmsley la prima doppietta americana della storia. Per Dauwalter è una tripletta incredibile: la Hardrock 100 Endurance Run 2023 (record della gara), la Western States Endurance Run 2023 (record della gara) e appunto l’UTMB 2023

Dopo aver ringraziato a lungo i suoi amici, la sua famiglia e la folla, camminando avanti e indietro lungo la linea del traguardo per incontrare i fan, ha detto: “Penso che nel corso della nostra vita, non appena si ha l’opportunità di fare qualcosa di folle, bisogna coglierla, è una sensazione così bella! Ecco perché mi sono iscritta a questa gara, non è stato facile ma ne è valsa la pena!”.

Nel numero di agosto Correre aveva tratteggiato il personaggio attraverso la penna di Leonardo Soresi che ne aveva colte le peculiarità all’indomani della Western States Endurance Run. Articolo che qui di seguito vi riproponiamo:

Courtney Dauwalter, la vicina di casa con cui correre ogni mattina

(Leonardo Soresi) 

Courtney Dauwalter, il 24 giugno scorso, ha vinto la 50ª edizione della Western States Endurance Run, la 100 miglia più antica del mondo e una delle gare più competitive del pianeta ultrarunning. Nel farlo ha anche stabilito il nuovo record della corsa, 15:29’, abbassando il precedente di Ellie Greenwood del 2012 di un’ora e venti, e si è piazzata 6ª assoluta, lasciando dietro di sé alcuni atleti maschi di primissimo piano.

Photo: press office UTMB

Si dice che i numeri non mentono e in questo caso è proprio vero: Courtney, con quel crono, avrebbe vinto la classifica assoluta in 42 edizioni su 50 disputate. Lo stesso Kilian Jornet, che alla gara ha partecipato due volte, non ha mai corso così veloce tanto che all’indomani dell’impresa ha dedicato un tweet alla Dauwalter esprimendo tutta la sua meraviglia per un risultato del genere.

«Sapevamo tutti che Courtney avrebbe puntato al record – ha detto Craig Thornley, direttore di gara della Western States –, ma chi avrebbe immaginato che l’avrebbe distrutto in questo modo? Non so proprio chi riuscirà mai a battere un tempo del genere. Lo so, lo diciamo dopo ogni primato, ma questo è davvero fuori da ogni standard, una prestazione straordinaria.» 

Si dice che i numeri non mentono, è vero, ma i numeri da soli raccontano poco. Courtney non ha solo vinto, non ha solo stabilito un record che potrebbe durare per decenni. Per tutte le 100 miglia del tracciato ci ha dimostrato di essere una grande persona, non solo una grande atleta. Potete scorrere decine di minuti di filmati, osservare le centinaia di fotografie che le sono state scattate durante la corsa, e non la troverete mai senza il suo sorriso che conquista tutti, senza una parola di ringraziamento per ogni singolo volontario che è lì ad aspettarla ai ristori, senza il suo saluto in risposta ai tifosi che la sostengono lungo il sentiero. Sta scrivendo la storia, spingendosi in fondo a se stessa, eppure riesce a conservare una grazia e una gentilezza anche in quei momenti in cui avresti il diritto di lamentarti, essere scontroso, dare una risposta brusca.

Per un’ora, dopo aver tagliato il traguardo, non ha fatto altro che trovare ringraziamenti per coloro che in qualche modo erano stati parte del record: dagli organizzatori della gara ai volontari, che avevano sistemato il sentiero, dai tifosi ai familiari, che l’avevano aspettata ai ristori, dalle avversarie, con cui aveva condiviso la prima parte di gara, a Ellie Greenwood, che aveva stabilito il record nel 2012 e che, a dire di Courtney, «ha elevato il livello femminile dell’ultrarunning, e ha fatto capire a tutte noi cosa avremmo potuto fare se ci fossimo impegnate a fondo». Non c’era modo per i giornalisti di farla parlare di se stessa, della sua impresa.

Il 14 luglio ha partecipato alla Hardrock 100 che, assieme alla Western, è la 100 miglia più famosa del Nord America. A fine agosto, se il suo fisico reggerà, potrebbe volare in Europa per cercare di riconquistare l’ultratrail del Monte Bianco (vinto nel 2019 e nel 2021). E chissà che a metà ottobre non provi a fare suo anche il Grand Raid de La Réunion, inanellando le 4 più importanti 100 miglia del mondo in un “grande slam” mai riuscito a nessuno. Questi, però, sono solo dei numeri, che verranno ricordati e che scriveranno la storia del trail, ma che sono del tutto secondari rispetto al suo modo di essere e di vincere.

Courtney è quanto di più lontano si possa immaginare dal mondo delle influencer di Facebook e Instagram, dove l’aspetto conta più delle capacità. Courtney non è bella, è alta e secca come un chiodo e indossa sempre quei “baggy shorts” lunghi e larghi che si possono trovare solo nel reparto di abbigliamento maschile. Eppure la Salomon, l’azienda che la sponsorizza, è stata travolta dalle richieste e si è ritrovata a commercializzare gli “Shortney” (gli “shorts di Courtney”) per tutte quelle ragazze per cui Courtney è diventata un idolo e un esempio. E, posso dirvi? Ogni volta che la vedo in gara e sorridere in quel modo, io me ne innamoro e penso che sarebbe fantastico averla come vicina di casa con cui correre ogni mattina.

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