Matviychuk ucraina

La guerra di Vasyl Matviychuk

Un anno fa l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Torniamo come allora a dare voce a Vasyl Matviychuk, che continua ad aiutare i suoi connazionali, soprattutto i bambini 

Un anno è passato da quando, sulle pagine della rivista Correre (n. 450) e su correre.it, Walter Brambilla raccontò per primo dell’impegno di Vasyl Matviychuk nell’aiutare le popolazioni della sua Ucraina subito dopo l’invasione assassina da parte della Russia (24 febbraio 2022).

Un anno è passato, purtroppo, e quella guerra è ancora in corso.

Un anno è passato e il numero di persone portate in salvo da Vasyl è passato da 28 a 80: ottanta connazionali che grazie a Matviychuk hanno trovato rifugio a Domodossola (dove vive) e dintorni. 

«Quello che conta è che adesso ci si è organizzati, c’è una struttura che si incarica di trasportare le persone dai centri di raccolta in Polonia e Romania fino a qui» ci racconta l’ex top runner in maglia Cover Verbania, due volte campione europeo under 20 nel 2001 (cross e 10.000 m), compagno di squadra in nazionale Ucraina del re del cross Serhiy Lebid (per 9 volte campione d’Europa), che risulterebbe invece starsene lontano dal conflitto e dai problemi della sua gente. Vasyl, invece, in quel febbraio 2022 ancora condizionato dalle norme di protezione della pandemia, stava continuando a correre e a vincere, soprattutto nelle corse di Bologna e dell’Emilia Romagna, con l’ultima maglia della sua lunga carriera, quella della formazione petroniana del GS Gabbi del presidente Nerio Morotti. 

Una vita fa

Passione per la corsa, lavoro e affetti: adesso sembra un’altra vita, un secolo fa, ma è un ricordo che è dietro l’angolo di una normalità che tutti stavamo per ritrovare. In quell’inizio di 2022 la famiglia di Vasyl si era fortunatamente e da poco riunita a Domodossola, paradossalmente “salvata grazie al Covid”: dopo aver passato tutti insieme le vacanze di Natale, la moglie Olga e la figlia Daria non riuscivano a rientrare a Kiev per via delle restrizioni della pandemia. Poi è partita la cosiddetta “operazione militare speciale” di Vladimir Putin. 

«Per due mesi sono rimasto lontano dal lavoro (trasportatore, ndr) e ho cercato in ogni modo di aiutare le persone a venir via dal mio Paese, facendo la spola con il confine ucraino anche tre volte in una settimana con tre amici e altrettanti pulmini (nella foto). Ora l’impegno è in due direzioni: da una parte si continua a cercare di portare al sicuro più persone possibili, soprattutto bambini, dall’altra si mandano in Ucraina vestiti, cibo e medicine, tutto quello che può aiutare a sopravvivere all’inverno, che là non è uno scherzo.»

Inverno ucraino

«In questi giorni a Kiev ci sono diciotto gradi sotto zero – precisa Matviychuk -, ma nella capitale l’energia elettrica non va mai via del tutto. La situazione peggiore è nei piccoli centri abitati: dove vivono mia madre e mio fratello il black-out è totale e dura più giorni. All’inizio dell’inverno non capivo e mi preoccupavo: chiamavo di continuo, ma non trovavo nessuno, un giorno, quello dopo, quello dopo ancora. Poi finalmente la voce di mio fratello e la sua spiegazione: l’energia elettrica sparisce per più giorni e non è possibile ricaricare le batterie dei telefoni, oltre a rimanere senza luce, gas e acqua. Ora abbiamo ottenuto un risultato importante: grazie alla raccolta fondi promossa qui, nella mia zona, e che ha coinvolto tutti gli amici che ho in giro per l’Italia, siamo riusciti a far arrivare là due gruppi elettrogeni, generatori di corrente montati su camion.»

Gli amici, già. Tutta l’attività di soccorso di Vasyl era partita da una chat, come ci aveva raccontato un anno fa: «Ho predisposto un gruppo WhatsApp con altri amici italiani e dopo pochi giorni siamo riusciti ad attrezzare tre furgoni da nove posti, gratis. Giovedì 4 marzo 2022 siamo partiti verso il confine tra Polonia e Ucraina, nei pressi di Leopoli. Domenica 7 siamo tornati con 28 persone, di cui 18 bambini di tutte le età e donne – raccontava un anno fa, al telefono con Walter Brambilla, prima di concludere affermando – So che non mi fermerò più, perché non vedo l’ora di riportare fuori da questa sporca guerra i bambini.»

La maratona della vita

«Quel “So che non mi fermerò più” è un impegno difficile da mantenere – ammette Vasyl -. È capitato in tante sere che la stanchezza mi impedisse anche di muovermi. La mia giornata di lavoro comincia presto, alle 7:30 sono già in giro a fare consegne, mi fermo mezz’ora per un panino e poi proseguo fino alle 19:30. Poi, però, mi arrivano le foto dei bambini ricoverati nell’orfanotrofio, le notizie delle persone che conoscevo e sono state uccise, compresi cinque miei compagni di nazionale di atletica, e allora accetto l’idea che sto correndo la maratona della vita e nella maratona, a un certo punto, è normale sentirsi stanchi.»

E come nella maratona, c’è chi corre ma c’è anche chi fa il tifo: il mondo della corsa non si è dimenticato di Matviychuk, titolare in tempi sereni di un sorriso contagioso che esprimeva bene la sua generosità d’animo. I suoi presidenti di società, Alberto Pizzi (Cover Verbania) e Nerio Morotti (GS Gabbi) funzionano un po’ anche da ufficio stampa. A loro si rivolgono tutti coloro che vogliono avere notizie dell’ucraino, compresi gli organizzatori che lo invitano come ospite. È accaduto a Monteforte d’Alpone a metà gennaio e di nuovo sarà probabilmente accaduto a Misano Adriatico il 26 febbraio, pochi giorni prima della pubblicazione di questo numero di Correre.

Quanto ancora durerà questo massacro generato dalla decisione di un solo uomo? Vasyl non riesce a essere ottimista: «Chi compra certe armi spaventose, poi deve e vuole usarle. Dalle mie parti si dice che quando scoppia una guerra il ricco aiuta il suo paese con i soldi per comprare le armi, il povero con la vita di suo figlio.»

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