Al primo sguardo, potrà sembrare che Correre di dicembre si apra in modo negativo. Mi riferisco al fatto che come servizio d’apertura proponiamo quando possibile un reportage o un altro tipo di contenuto capace comunque di emozionare, far rievocare o stimolare la conoscenza, mentre questa volta l’impatto è duro: sei pagine dedicate alla depressione. Perché questo? Perché l’area dei disagi della nostra psiche resterà come uno dei segni più evidenti di questo tempo sospeso, con le sue cicatrici di incertezza e timore. Anche nel mondo della corsa, che sempre di più sarà soprattutto un modo di vivere.
Per questo, al posto del reportage c’è lo speciale dedicato alla depressione, dove si cerca di capire come funziona (Trabucchi), si suggerisce come combatterla anche a tavola e con un po’ di running (Speciani), si racconta la vicenda diventata letteratura di chi l’ha attraversata e ne è uscito anche cominciando a correre: Roberto Di Sante.
Ho cercato di rappresentare questo stato d’animo come un deserto da attraversare e penso che questa immagine possa valere non solo per la depressione, ma per tutta la condizione di vita che ci ha accompagnato nel 2020. La corsa sviluppa in genere anche una significativa capacità di ascoltare il proprio corpo e conoscere le dinamiche della mente. L’invito è di trasformare questo deserto da attraversare in un’occasione per conoscersi meglio, come capita spesso al termine di una corsa che ci ha chiesto molto.
Buona lettura.